Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
I funerali di Giulio Cesare, rimasto vittima di una congiura il 15 Marzo del 44 a.C. mentre si trovava in Senato, fu un capolavoro propagandistico elaborato dall’abile mente di Marco Antonio, divenuto erede politico del dittatore (Ottaviano si trovava fuori Roma).
Nell’estremo tentativo di salvare la Repubblica infatti, il coraggioso condottiero cercò di sfruttare l’evento luttuoso per colpire nel profondo gli animi dei cittadini e dei soldati, sinceramente affezionati a Cesare ed addolorati da quanto accaduto.
Le esequie furono solenni e l’elogio funebre, un perfetto esempio di retorica pronunciato dallo stesso Antonio, doveva servire a sconvolgere e ad orientare l’opinione pubblica verso la più netta riprovazione nei confronti dell’azione violenta dei tirannicidi, facendo apparire quest’ultima come un mero ed orrendo delitto.
Dopo aver sfilato per tutta la città adagiato su una splendida lettiga dunque, Cesare giunse finalmente nel Foro, dove tutti i partecipanti si preoccuparono di aggiungere legni e persino i doni portati in omaggio al defunto, alla pira già pronta; il momento più toccante della cerimonia fu quando Marco Antonio, non senza enfasi, sollevò al cielo la toga rossa lacera ed ancora insanguinata di Cesare elencando uno ad uno i nomi dei congiurati, provocando in tal modo l’ira della folla, che si diresse verso le abitazioni di questi ultimi, già fuggiti e ritiratisi sulla rocca del Campidoglio.
Infine il fuoco venne acceso: in quel rogo terminava per sempre l’era di Cesare e la Repubblica romana (Foto da: albertomassaiu.it).
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