Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
Sui cinque mesi di prigionia che Giovanna d’Arco visse in una cella del castello di Rouen fin dall’inizio del processo che infine la condusse al rogo, ci sono giunte diverse testimonianze, tutte concordi nel riferire di condizioni severe e spesso fin troppo dure.
In verità la giovane aveva tentato più volte l’evasione e ciò spinse gli Inglesi ad aumentare e rafforzare le precauzioni.
Per impedirle di scappare, alla ragazza fu messa una catena ai piedi e durante la notte veniva letteralmente legata al letto, mentre tre guardie la sorvegliavano costantemente fino all’alba.
I carcerieri non sono descritti come brave persone: si trattava di gente rozza e greve, dalle maniere spicce, che non si faceva scrupolo di tormentarla con battute e scherzi di pessimo gusto.
Probabilmente questi uomini tentarono anche di abusare di Giovanna, poiché lei stessa, quando le venne chiesto perché aveva ricominciato a vestirsi con abiti maschili, aveva risposto che, quando indossava quelli femminili, era stata costretta a subire molestie e tentativi di violenza carnale da parte delle guardie.
In carcere la Pulzella d’Orleans trascorreva la maggior parte del tempo da sola, con l’unica e possiamo immaginare poco gradevole compagnia dei suoi aguzzini; ogni tanto si recavano da lei i giudici, oltre a qualche spia intenzionata a carpirle informazioni e segreti.
Il 30 Maggio 1431 la cattività finì: Giovanna fu condotta al patibolo (Foto da: stpauls.it).
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