Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
Esisteva una pizza rinascimentale?
Nella sua celebre Opera dell’arte di cucinare (1570), il grande cuoco rinascimentale Bartolomeo Scappi cita e propone la ricetta di una “pizza“.
Egli stesso la definisce con questo nome in riferimento a Napoli: “da’ napoletani detta pizza”.
Tuttavia essa ben poco, diciamo pure nulla, ha a che vedere con quella che noi oggi conosciamo ed apprezziamo.
Evidentemente questa sorta di pasta un po’ laboriosa nel procedimento e preparata con un mix di ingredienti per noi inusuale, rispondeva bene a quelli che erano i dettami della gastronomia cinquecentesca, nella quale amalgama e agrodolce trovavano largo impiego, ma difficilmente sarebbe proponibile (e mangiabile) oggi.
Per fare la pizza secondo la ricetta di Scappi, occorrevano mandorle, uva passa, pinoli, datteri e fichi .
Si pestavano gli ingredienti tutti insieme in un mortaio e si aggiungeva l’acqua di rose, fino a creare un impasto omogeneo.
Ad esso venivano poi aggiunti rossi d’uovo, polvere di cannella, zucchero, mostaccioli napoletani ridotti in finissime briciole e ancora un po’ di acqua di rose.
Il tutto veniva mescolato a formare una pasta dello spessore di circa un dito.
Infine si infornava in una tortiera preventivamente unta con burro.
Su questa “base”, si poneva cibo di vario tipo (vedi anche: https://www.pilloledistoria.it//12216/storia-moderna/crespelle-al-tartufo-nero) (Foto da: italianways.com).
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