Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
“Quando il bambino compie delle sciocchezze, bisogna castigarlo con le parole e le verghe; quando avrà superato i sette anni usare allora la frusta e la cinta di cuoio. Quando avrà più di quindici anni, usare il bastone e bastonarlo fin quando egli non avrà chiesto perdono“; la citazione, tratta dal testo di un moralista del XIV secolo, rende perfettamente l’idea di quali fossero i metodi educativi rivolti a bambini e ragazzi tra il 1200 e il 1300 a Firenze.
I castighi corporali erano all’epoca considerati una parte fondamentale della disciplina da impartire a giovani e giovanissimi, insieme ad un buon nutrimento, indispensabile per farli crescere forti e sani e ad un’assidua e immancabile sorveglianza, necessaria ad evitare che corressero pericoli di ogni genere o che prendessero strade sbagliate.
In una società fortemente maschilista non stupisce la forte linea di demarcazione tra i ruoli per i due sessi tracciata fin dalla prima infanzia, ma lascia indubbiamente perplessi che ciò potesse riguardare persino l‘alimentazione, con ogni probabilità per i maschi più abbondante e accurata rispetto a quella riservata alle femmine, se è vero che su un manuale di allora troviamo scritto che “ha poca importanza il modo di nutrirle (le bambine ndr), l’essenziale è che esse non siano troppo grasse e abbiano quanto basta”.
Per il resto, la prima infanzia di bimbi e bimbe trascorreva di solito a casa propria, tra le donne della famiglia, o a casa delle nutrici, spesso fuori città, nelle vicine campagne (Foto da: scrimatorino.it).
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