Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
Il corteggiamento nell’Antica Grecia era esclusivamente o quasi una questione tra maschi.
Qui infatti, l’omosessualità era considerata non soltanto la norma, ma anche una tendenza moralmente superiore all’eterosessualità.
In una società in cui il matrimonio era sempre combinato e in cui alla donna non era concessa la possibilità di scegliersi il marito (un costume comune alla maggior parte delle civiltà del passato), i comportamenti, le pratiche e le lusinghe tipiche dell’arte del corteggiamento erano volte solo alla conquista di altri uomini.
In Grecia era normale e anzi auspicabile che i maschi adulti rivolgessero le proprie attenzioni ai giovani dello stesso sesso.
Per “abbordarli” si facevano loro piccoli doni, in particolare polli, lepri e giochi, soprattutto dadi.
Il luogo ideale per il “rimorchio” era la palestra, frequentata da esponenti del sesso maschile di ogni età.
Un’idea certamente veritiera delle tecniche di seduzione dell’epoca, in riferimento al V-IV sec. a.C., ce la dà Platone nel Simposio.
Qui il filosofo, tra l’altro, descrive minuziosamente gli stratagemmi messi a punto da Alcibiade nel tentativo di sedurre Socrate, ovvero gite allo stadio, cenette a lume di candela e dichiarazioni esplicite.
Espedienti che per lui non sortirono l’effetto sperato, visto che Socrate rifiutò garbatamente le avances, ma che assumono per noi un importante valore documentaristico, inducendoci a ritenerli tipici di una specifica cultura in un determinato momento storico (Foto da: wikipedia.org).
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