Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
Una (pessima) abitudine si diffuse nelle corti quattro e cinquecentesche soprattutto italiane, il veleno, che fece la fortuna di molti personaggi politici di spicco e di tanti alchimisti dell’epoca.
All’alba di un seppur vago delinearsi dello Stato di diritto, che rendeva più complicato sbarazzarsi dei nemici o di chiunque costituisse un intralcio alle proprie mire, in un periodo fortemente e tristemente caratterizzato da intrighi e rivalità di ogni genere per il raggiungimento del potere, l’“arma dei vili”, così come venne chiamata fin dal Medioevo, servì spesso a regolare le guerre private sorte in seno alle famiglie dominanti, senza che quasi mai si subissero conseguenze personali e penali per i propri scellerati comportamenti.
Il veleno, in particolare l’arsenico, da sempre “il re dei veleni e il veleno dei re”, eliminava il “problema” alla radice, rapidamente e senza lasciare tracce, una vera e propria manna dal cielo per i tanti principi privi di scrupoli che spadroneggiavano dal nord al sud della nostra Penisola.
Che dire dei Borgia?
L’utilizzo del veleno da parte dei membri di questa famiglia funesta per le sorti d’Italia, certamente nota più per le infinite
efferatezze commesse che per presunti meriti politici, è rimasto addirittura leggendario; si dice che Cesare, il famigerato figlio di papa Alessandro VI, portasse sempre al dito un vistoso anello contenente “cantarella”, un derivato dell’arsenico che aveva il “merito” di uccidere senza lasciare pericolosi segni di sé, anche se l'”esperienza” in fatto di sostanze venefiche maturata sul campo, non riuscì probabilmente ad evitare a papa Borgia la stessa sorte che spietatamente aveva riservato ai suoi nemici, vista la rapidità con cui morì per una strana ed improvvisa forma di malaria.
Per completezza d’informazione è giusto precisare che le scarse conoscenze mediche e scientifiche dei secoli XV e XVI fecero gridare all’avvelenamento anche quando in realtà le morti sospette avevano tutt’altra causa, ma questo non scalfisce la certezza storica del suo largo impiego nel Rinascimento (Foto da: fototeca-gilardi.com e tempi.it).
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