Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
Tra tutte le nefandezze commesse da Cesare Borgia durante l’infausto periodo di potere della sua famiglia, quella di far assassinare Alfonso d’Aragona, giovane marito di sua sorella Lucrezia, fu probabilmente la più riprovevole.
Nulla fu in grado di farlo recedere dall’insano proposito, non la completa innocenza della vittima, non il fatto di sapere Lucrezia sua sposa innamorata e devota e neppure l’esistenza del piccolo nipote Rodrigo, unico figlio della coppia; Alfonso era scomodo alle mire politiche del Valentino e doveva essere eliminato.
Approfittando dell’assenza di Lucrezia, che si trovava al capezzale del padre rimasto ferito dal crollo di un baldacchino colpito da un fulmine durante un violento temporale, il 15 Luglio del 1500, mentre transitavano sulla scalinata del Vaticano, Alfonso e il suo seguito subirono una terribile aggressione, che soltanto l’inaspettato avvicinarsi di qualcuno, probabilmente, riuscì ad interrompere prima che accadesse l’irreparabile; svenuto e insanguinato, Alfonso fu trasferito nelle stanze papali per essere curato.
L’immagine estremamente negativa della figura di Lucrezia a noi giunta, oggi in larga misura ridimensionata, stride con il comportamento esemplare che essa tenne in tale difficile circostanza, nella quale si mostrò amorevole ed infaticabile nel tentativo di alleviare le sofferenze al coniuge e, soprattutto, di proteggerlo; intelligente e coraggiosa, avendo capito che il
pericolo proveniva dall’insaziabile smania di potere del fratello, rimase accanto al marito giorno e notte, gli preparò personalmente i pasti e consultò i migliori medici di Napoli per aiutarlo a guarire.
Cesare, che non era tipo da lasciarsi intralciare nei suoi diabolici piani da qualsivoglia ostacolo, dopo aver avuto persino l’ardire di recarsi in finta visita di cortesia al cognato, occasione in cui, si dice, ebbe la sfrontatezza di sussurrargli all’orecchio la terrificante frase “quello che non è fatto a desinare, si farà a cena”, riuscì con una scusa meschina a far assentare la sorella, avvertita di un malore del figlio poi risultato del tutto inventato, quel tanto da essere sufficiente a far intrufolare nella stanza del convalescente uno dei suoi scagnozzi più fidati, l’ignobile Michelotto (o Micheletto), che strangolò Alfonso nel suo letto.
Era il 18 Agosto del 1500.
Quando Lucrezia, resasi conto dell’inganno, accorse in aiuto del marito, tutto era già compiuto e non le restò altro da fare che urlare e piangere disperata inveendo contro i suoi familiari.
Seguirono un dolore profondo e un lutto rigoroso, che la giovane Borgia volle vivere a Nepi, vicino Viterbo, con la sola compagnia del suo bambino (Foto da: artspecialday.com e wikipedia.org).
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