Ringrazio la rivista Vivesani per aver menzionato il mio blog
A Firenze, in piena epoca medicea, quando un cittadino moriva la Signoria stessa interveniva nell’organizzazione del funerale.
Prima delle esequie il defunto, adagiato su del semplice pagliericcio, veniva esposto ai presenti che intendessero porgergli l’estremo saluto vestito con un abito di stamigna bianca foderato di taffetà e in testa un berretto senza guarnizioni; se si trattava di una donna, le si toglievano dalle dita tutti gli anelli, tranne quelli di poco prezzo.
Durante la cerimonia funebre si usavano due ceri o fiaccole oppure ancora quattro torce; ad evento terminato i ceri venivano riportati allo speziale, al quale la legge proibiva di venderne più di quindici libbre al giorno, e poiché usarli per far luce ai morti era considerato uno spreco, chi contravveniva alla regola doveva poi pagare un’ammenda.
Subito dietro al corpo seguivano i piangenti, le cui stoffe degli abiti neri indossati, appena cucite fra loro, venivano in seguito smembrate e riutilizzate.
Gli annunciatori del decesso e i becchini, per il loro lavoro, ricevevano una paga di otto soldi; alla cena del funerale invece, era tassativo che non dovessero esserci più di due portate.
Infine aveva luogo l’inumazione presso l’ossario o, in caso di personaggi influenti, in chiesa (Fonte: Jean-Lucas Dubreton, La vita quotidiana a Firenze ai tempi dei Medici) (Foto da: commons.wikimedia.org).
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